L’ ORO BLU
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- on Oct 16, 2024
L’ORO BLU
a cura di Leonardo Regano 24 febbraio – 15 dicembre
Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola
Inaugurazione sabato 24 febbraio
Il progetto espositivo a cura di Leonardo Regano apre le collezioni d’arte del Comune
di Pergola al confronto con il contemporaneo e i suoi linguaggi espressivi. La mostra, nucleo centrale del progetto “Blu il Colore della Cuccagna” presentato nel Dossier di Pesaro 2024 – Capitale italiana della Cultura ed attuato da Casa Sponge, mette in dialogo le ricerche di maestri e giovani talenti della scena artistica attuale sul tema del blu e dell’oro, elementi che segnano il patrimonio artistico locale in riferimento alla coltivazione e alla lavorazione della Isatis tinctoria, pianta altrimenti conosciuta come guado, e alla presenza nelle collezioni del museo del gruppo dei Bronzi Dorati, l’unico esemplare di gruppo scultoreo romano in bronzo dorato giunto ai giorni nostri.
Le collezioni d’arte della cittadina marchigiana sono state lo spunto per un confronto a volte diretto a volte mediato con il lavoro degli artisti selezionati, le cui opere sono testimoni di un sentire creativo comune che travalica i limiti temporali e geografici. “L’Oro Blu” si fregia di importanti prestiti da parte di collezioni private del territorio e non solo, presentando lavori di chiaro valore, tra cui quelli di Christo, Vettor Pisani, Alighiero Boetti, Nobuyoshi Araki, Giulio Paolini e di artisti scelti tra le eccellenze del territorio marchigiano e nazionale: dall’attività consolidata come Franco Guerzoni, Anne & Patrick Poirier, Luigi Carboni, mid career quali Francesco Gennari, Sissi Daniela Olivieri, Giovanni Gaggia, Gea Casolaro, Ivana Spinelli, Lorenza Boisi, Marina Gasparini, Marta Roberti, David Casini, Ivano Troisi, Davide Maria Coltro, Virginia Zanetti o giovani talenti tra cui Daniele Di Girolamo e Alex Urso coniugando media e linguaggi differenti dalla scultura alla pittura, passando per l’installazione e la fotografia, il video, la sound art e la performance.
La grande corte centrale dell’Ex Convento di San Giacomo ospita il cuore del percorso espositivo articolato in un ampio confronto tra le opere, il cui incipit è dato idealmente dall’opera di Luigi Carboni “Oro Ossidazione” (1991), un grande oro dalle dimensioni.
quasi monumentali che si confronta con il prezioso “Scavi Superficiali” (1986) di Franco
Guerzoni, che ci riporta all’altro riferimento concettuale della mostra, ovvero il rapporto con il blu del guado. Al guado, alla sua storia e alla cuccagna, fa preciso riferimento il disegno tessile di Marina Gasparini ispirato a una delle più celebri incisioni di Giuseppe Maria Mitelli. Riporta al guado anche l’imponente anatomia del “Venoso di mare” (2016) di Sissi Daniela Olivieri che ci accosta a una valenza fisica, sanguigna dell’elemento. Un significato metaforico assume, invece, nell’opera di Gea Casolaro che porta l’attenzione su quello che l’artista indentifica come un vero e proprio blues esistenziale.
La messa in relazione tra i due elementi, il Blu e L’Oro, continua nel dialogo tra le opere di Lorenza Boisi, Domenico Grenci, Alessandro Saturno, Mattia Sugamiele, Jacopo Mazzonelli, Ivano Troisi, Aleksander Petkov, Marco Emmanuele, Luca Grechi, Daniele Di Girolamo, Alex Urso e Vettor Pisani, che rileggono i due materiali in una visione autonoma e originale in un’alternanza calibrata tra medium pittorico, scultoreo e fotografico. L’opera “Assemic Gold” (2020) di Greta Schödl idealmente conclude quest’alternanza, proponendo una sintesi visiva e un incontro tra essi.
Impreziosisce il percorso espositivo l’intervento site-specific prodotto dall’artista Angelo Bellobono per il chiostro centrale, un’opera permanente – come quella proposta da Rocco Dubbini sulla facciata esterna – che si relaziona alla fragilità di un territorio, quale quello marchigiano, duramente colpito dall’alluvione del 2022. Una natura non controllabile, e continuamente mutabile a cui rimanda il temporale nella fotografia di Paola De Pietri. Al paesaggio notturno, carico di energia elettrostatica, sembra far da contrappasso il cielo diurno e trasognante ritratto da Nobuyoshi Araki. Il delicato equilibrio tra uomo e natura è stato al centro dei più importanti interventi di Christo, presente in mostra con uno dei progetti preparatori per il monumentale impacchettamento di Little Bay, in Australia.
Nella Sala della Pinacoteca si innesta un dialogo convergente tra opere antiche, presenti nelle collezioni comunali, e opere contemporanee che hanno nell’antico il loro riferimento più stringente: i lavori di Ivana Spinelli, Simone Berti, Flavio Favelli, Virginia Zanetti e David Casini traggono diretta ispirazione dalla grande tradizione della pittura
rinascimentale italiana declinandola nelle tematiche stringenti dell’attualità.
Sono questi gli argomenti su cui si innesta il dialogo tra l’opera di Giovanni Gaggia e quella di Alighiero Boetti, a cui si aggiunge la riflessione di Agnese Purgatorio nella sua opera- video dedicata alle donne di Kabul.
La Sala Romana è riservata al rapporto tra la tecnica del mosaico e il contemporaneo, presentando lavori di Diego Miguel Mirabella, Davide Maria Coltro, Marta Roberti e Giulia Marchi che si relazionano all’antica tecnica decorativa e al passato classico con i linguaggi dei nuovi media e attraverso opere che ne commutano il senso decorativo. La presenza in mostra delle opere di Anne e Patrick Poirier e di Giulio Paolini, riporta il confronto con l’Antico su un piano diretto, fonte di continua ispirazione per la loro ricerca riconosciuta a livello internazionale.
La Sala dei Bronzi dorati, per la prima volta nella storia del museo si apre al dialogo con il contesto espositivo e accoglie un intervento site-specific di Francesco Gennari, artista di rilievo internazionale e di origini marchigiane, che riporta l’attenzione sul concetto di icona e il valore delle immagini.
Artisti in mostra: Nobuyoshi Araki; Simone Berti; Angelo Bellobono; Alighiero Boetti; Lorenza Boisi; Luigi Carboni; David Casini; Gea Casolaro; Christo; Davide Maria Coltro; Paola De Pietri; Daniele Di Girolamo; Rocco Dubbini; Marco Emmanuele; Flavio Favelli; Giovanni Gaggia; Marina Gasparini; Francesco Gennari; Luca Grechi; Domenico Grenci; Franco Guerzoni; Giulia Marchi; Jacopo Mazzonelli; Diego Miguel Mirabella; Giulio Paolini; Aleksander Petkov; Vettor Pisani; Anne & Patrick Poirier; Agnese Purgatorio; Marta Roberti; Alessandro Saturno; Greta Schödl; Sissi Daniela Olivieri; Ivana Spinelli; Mattia Sugamiele; Ivano Troisi; Alex Urso; Virginia Zanetti.
Si ringraziano gli artisti, i prestatori e le gallerie Galleria Studio G7, Bologna;
LABS Contemporary Art, Bologna; Galleria Zero…, Milano; Galleria Nuova Morone, Milano; z2o Sara Zanin, Roma; Studio La Città, Verona; Federica Schiavo Gallery, Roma; Traffic Gallery, Bergamo; The Gallery Apart, Roma; Galleria Mazzoli, Modena; Gagliardi e Domke Contemporary, Torino.
MARINA GASPARINI
La botanica di Cuccagna
2023
3 elementi 120 x95cm, 140 x95 cm, 145×95 cm
Filo di cotone, indurente tessile, resina epossidica
I tre disegni di filo di cotone blu (95 x140 c.a ognuno), che compongono l’opera, riproducono i tre tipi di alberi che vediamo nell’acquaforte“La Cuccagna Nuova” di Giuseppe Maria Mitelli. Si tratta di alberi che fanno frutti tutto l’anno, che danno tutte le gioie che si desiderano, e di quelli che fanno tutti gli abiti che si vogliono. I tre elementi che compongono il “disegno tessile”, sono dettagli ingranditi della incisione del 1703, che presenta – in una formula compositiva a metà strada tra il Museo di Piante rare di Paolo Boccone e la carta geografica-, le fenomenali peculiarità e usanze del paese di Cuccagna. La scelta di puntare una lente di ingrandimento su questa popolare immagine, è dovuta prima di tutto alla sua emblematicità, ma anche al fatto che quello che potrebbe essere un punto di vista apparentemente pacifico e goliardico, ad un secondo sguardo, si trasforma in qualcosa di più controverso, attorcigliato come i filati di lana e seta che venivano tinti con il pigmento estratto dalla pianta del guado e addensati nelle preziose “coccagne”. Se il mito della terra di Cuccagna è stato associato al tema dell’esodo verso luoghi in cui i bisogni fondamentali dei viventi sono garantiti e riconosciuti, e quindi si tratta di un paese in cui è “naturale” trovare cibo e vestiario e ornamenti sugli alberi, la stessa incisione ci mostra una torre in cui vengono incarcerati coloro che sono stati colti nell’atto o nel tentativo di lavorare. Coccagna infatti è uno stato utopico, ma con le sue proprie leggi. A prima vista ,e con lo sguardo falsato dalla nostra attitudine a considerare la produttività come una virtù cardinale, potremmo vedere queste figurine protese verso la raccolta dagli alberi, o gli animali rilassati sul prato in attesa che qualche frutto cada a terra, come una specie di sarcastica metafora rivolta a chi non vuole accettare la logica del sacrificio e del duro lavoro per provvedere al proprio sostentamento. Ai tempi della nascita dell’utopia del paese di Cuccagna, però la realtà era ben diversa, e per quanto possiamo pensare al Rinascimento o al Sei-settecento come epoche di splendore, sappiamo che solo una ristrettissima élite godeva della ricchezza e dei privilegio della conoscenza, mentre al di fuori delle corti l’indigenza, la fatica non remunerata, e la fame, erano la norma e la quotidianità di milioni di persone. Esistevano, in base a queste difficilissime condizioni di vita, e soprattutto a causa delle carenze nutritive, anche fenomeni di allucinazioni individuali e collettive. Non ci sorprende, quindi, vedere che le attività più praticate in questo paese dei sogni (dei poveri) sono proprio il nutrimento e il riposo, e che il conforto di un livello più elevato (gioielli, abiti eleganti), anche in questo mondo a rovescio proviene proprio dalla natura, che non ha bisogno di essere posseduta, regolamentata e inseminata dall’uomo per manifestare tutta la propria generosità.